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IL GUARDIANO  
IL GUARDIANO

 

Teatro Out Off, Progetto NEXT 2009 – Regione Lombardia

IL GUARDIANO

di  Harold Pinter

traduzione di Alessandra Serra

regia Lorenzo Loris

con Gigio Alberti, Mario Sala, Alessandro Tedeschi

scena Daniela Gardinazzi, costumi Nicoletta Ceccolini

disegno visivo Dimitris Statiris e Fabio Cinicola, luci Luca Siola

consulenza musicale Andrea Mormina

foto di scena Agneza Dorkin

PREMIO DELLA CRITICA 2011

Motivazione
Da "Terra di nessuno" fino a quest'ultimo " Il guardiano" Lorenzo Loris, regista storico del milanese Teatro Out Off, é ormai diventato uno specialista di messinscene pinteriane. In quest'ultimo lavoro, parabola sugli inconciliabili conflitti fra due fratelli "reclusi" in una stanza, metafora di una società alla deriva, luogo di incomprensioni e rifiuti, la regia di Loris colpisce per asciuttezza di segno, per sobrietà di stile e per una inedita ambientazione lombarda che occhieggia al fondo della scena; una plumbea, nebbiosa atmosfera della periferia milanese che sembra innervare anche l'interpretazione dei tre protagonisti- gli splendidi Mario Sala, Gigio Albertie Alessandro Tedeschi, risolvendo altresì in maniera originale la rarefatta, spettrale, inquietante trama pinteriana.
Associazione Nazionale dei Critici di Teatro,  Firenze 17 ottobre 2011

LA TRAMA

La didascalia iniziale annuncia che la pièce si svolge, come in altri testi di Pinter, in una “stanza”. Ora però è affastellata di reperti e residui di tante esistenze: un letto di ferro, vasi, barattoli di vernice, una scala, un lavandino, un secchio di carbone,

una falciatrice, un caminetto, una statuetta di Buddha, due valigie, un tappeto arrotolato, una fiamma ossidrica, mucchi di giornali e un vecchio aspirapolvere. Fra tanta rigatteria, dal soffitto pende a sigillo un secchio. In questo curioso ambiente assistiamo all’arrivo di un giovanotto, Aston, e di un barbone, Davies, incontrato dal giovane nel pub dove il clochard aveva trovato un lavoro, e dal quale è stato cacciato senza neanche poter riprendere la borsa con i propri effetti. In questo luogo sinistro che non suggerisce altro che un mondo senza più ordine e armonia, Davies viene assunto da Aston a fare il guardiano. Per questo, ma non solo per questo, l'ambiente si presenta inquietante e minaccioso.

La mite disponibilità dell' uno si specchia nella sottomissione dell'altro. Eppure entrambi possono contraddirsi nel proprio ruolo. Aston è in balìa di una maniacale pratica del fai da tè. Nella litania degli affronti e delle persecuzioni subite, Davies non riesce a celare il violento rancore verso chi lo ha maltrattato, o il fiero razzismo contro i “negri” dell'appartamento e del negozio a fianco. Finché, rimasto solo nella stanza, Davies non viene sorpreso da Mick (fratello di Aston), che gli grida: «A che gioco giochiamo?». Da questo punto in poi, il gioco a tre avrà regole brutali, e non conoscerà limiti di campo.

Tanto violento sarà il gioco fra i tre, da spostare l'asse delle alleanze perfino all'interno del rapporto familiare. Davies infatti si offrirà di collaborare con Mick, contro il fratello Aston.

Ma nonostante la rivalità e la competizione rendano i mondi dei due fratelli specularmene opposti essi saranno pronti a confluire in una chiusura verso il resto del mondo rappresentato dal diverso Davies.

Allora, Aston e Mick, riusciranno a raggiungere un accordo il cui equilibrio improvviso pare dettato più da un’inconscia omertà che dalla ragione o dall’ interesse. Tanto è vero che a scacciare Davies dalla stanza in eterna attesa di riordino, non sarà l’estroverso e arrogante Mick, ma il fratello che sembrava più sensibile.

Aston dirà a Davies, che si ingegna in tutti i modi di restare, che non lo vuole più.

 

UNA COMMEDIA CHE PARLA DELLA “GENTE COMUNE”.

Scritto nel 1959 e andato in scena nel 1960, II guardiano segna il primo vero successo che Pinter riscuote con il suo teatro. Il motivo lo spiega lapidariamente un titolo  sull'«Observer» di quegli anni: “A play about people”. Lo scrittore sembra parlare della gente, creature vere, nate nella tumultuosa Londra di quegli anni, quelle che lui porta in scena.

Questo mutato atteggiamento diventa meglio comprensibile se si osserva quanto avveniva nella società inglese ma se si considera soprattutto che la scrittura di Pinter in quel momento è ancora accomunata, presso critica e pubblico, alla denuncia sociale e all'impegno tutto arrabbiato dei suoi colleghi drammaturghi londinesi, e nello stesso tempo alle forme «dell'assurdo» di altri autori europei. Sta per aprirsi proprio allora, in quel passaggio di decennio, lo scenario inedito, e che scuoterà l'immaginario del mondo intero, della swinging London. Il centro della città, dove cova l'esplosione di Mary Quant, dei Beatles e dei Rolling Stones, è già popolato di una sterminata quantità di sbandati in cerca di un proprio decoro e di un proprio codice nel labirinto di rovine, spesso maleodoranti, che erano le case di interi quartieri londinesi.

Una gioventù sbrindellata e drammaticamente disorientata si aggirava in questo contesto e i personaggi del Guardiano poterono davvero far credere di sbucare dall'angolo della strada. Lo scenario dove si dispiegano gli elementi della drammaturgia pinteriana è insomma già disegnato nella realtà storica di quella Londra. Anche se la sostanza della sua drammaturgia non è destinata a esaurirsi caducamente nelle forme di costume e di consumo, come invece sarebbe successo a molti altri commediografi attivi in quel decennio.

Pinter parla di qualcosa di oscuro che travalica la quotidianità, qualcosa che ci riguarda profondamente e che è strettamente legato alla natura dell’uomo.

I suoi personaggi finiscono per essere degli archetipi e divengono universali perché

parlano al cuore degli uomini. Questo dice Pinter riferendosi a loro:

Penso che non si tratti di un'incapacità a comunicare ma, anzi, di un deliberato voler evadere la comunicazione. Parlarsi mette paura alle persone che allora preferiscono

divagare: chiacchieriamo continuamente di altre cose, piuttosto che affrontare ciò che c'è alla base del nostro rapporto.

Per verificare questa capacità di risposta da parte di Pinter ai nodi profondi della società inglese, basterebbe del resto guardare a certi suoi testi scritti in quegli anni, sketch o mini-commedie che già contengono una penetrante carica indagatrice nelle geometrie di personaggi, situazioni e relazioni perverse. Per fare un esempio pertinente al caso del Guardiano, ( l'elettroshock che si scopre essere stato esperienza fondamentale di uno dei fratelli) costituisce anche l'esilarante e atroce test di assunzione in The Applicant (Il candidato) scritto proprio nel '59, e riguarda uno dei personaggi dei Nani ma ha anche sicuramente a che fare con un lavoro che Pinter aveva già messo sulla carta in quegli anni, The Hothouse (La serra), ambientato in una clinica per pazienti disturbati.

Sono d'altra parte gli anni in cui l'antipsichiatria inglese avanza, si organizza e comincia a diventare pratica nelle istituzioni pubbliche, grazie a nomi come Laing, Cooper, Shatzmann. Anzi, è proprio in quello stesso 1960 che Ronald Laing pubblica per la prima volta il suo Io diviso. Coincidenze e sintomi sono significativi. E sempre Pinter racconta:

 

Dopo aver scritto Il guardiano, ho fatto un sogno terribile a proposito dei due fratelli. In questo incubo, la mia casa era stata incendiata e io cercavo di individuare il colpevole. Attraversavo ogni sorta di vicoli e di locali, fino ad arrivare in un certo posto, dentro una stanza, e lì trovavo i due fratelli della commedia.

Elementi e indizi che torneranno utili anche in seguito, per scoprire come la clamorosa svolta politica degli anni Ottanta del premio Nobel non nasca dal nulla, ma da sensibilità e contraddizioni già forti, anche se non del tutto esplicitate, nei suoi primi lavori.

Ma quel che è certo è che il terzetto che disperatamente si applica a un gioco di ruolo nel Guardiano è destinato a rimanere e resistere: le sue figure - Davies, Aston, Mick -

sono assolute, i loro fini essenziali, la posta che mettono in gioco definitiva, anche se in superficie sembrano somigliare tanto alla gente di quel periodo storico.

 

“ UNA STANZA”: LA LOTTA PER LA POSIZIONE.

Il mondo è un luogo piuttosto violento secondo Pinter, quindi la violenza psicologica nei suoi testi è spontanea. Sembra un fatto essenziale e inevitabile. In realtà la violenza è solo un aspetto del problema del predominio e della schiavitù, che sono i temi ricorrenti nei testi del grande drammaturgo. Tutto è cominciato con Il calapranzi, che è un testo relativamente più semplice e da un racconto, The Examination  che trattava esplicitamente di due persone che, in una stanza, si scontravano su un tema la cui natura non era specificata, ma dove la questione vera era su chi predominasse e fino a che punto, su come conquistare la posizione di dominio e con quali strumenti.

Ciò lo portò a scrivere che più che di violenza si trattasse piuttosto di lotta per una posizione, che è una cosa molto diffusa nella vita di tutti i giorni”.

E’ in questo paesaggio, che i tre personaggi de’ Il guardiano avviano una serie di scontri, secondo mutevoli schieramenti, ma di costante, altissima intensità. Una lotta dura, una guerra dove le posizioni vengono di continuo scambiate, una schermaglia che sposta ogni momento il terreno del contendere. Visto che non è certo la proprietà a essere messa in palio o quanto meno a rischio. Quello che tutti e tre cercano e inutilmente rincorrono è una radice, un fondamento, una qualche ragione del proprio agire, mentre in mano non hanno nemmeno uno straccio di risposta plausibile. O almeno un luogo, un'indicazione topografica, professionale, o anagrafica, cui attaccarsi per ripartire.

 

IL GUARDIANO E IL PRESENTE

Dal punto di vista del pubblico, II guardiano è naturalmente molto più facile e coinvolgente rispetto alle precedenti commedie di Pinter: la dinamica interpersonale è più definita e plausibile, la situazione ha caratteristiche sociologiche ben riconoscibili.

Questa importante commedia è una metafora limpida e efficacissima di ciò che investe ognuno di noi oggi. Il rapporto che si stabilisce fra i fratelli Aston e Mick che costituiscono un micro-universo e il diverso Davies che viene a destabilizzare il loro senso di appartenenza a quel luogo e lotta disperatamente per essere accettato, rappresenta in sintesi il problema da cui dipende il nostro futuro.

Quella stanza è ovviamente qualcosa di molto più grande e i due fratelli raffigurano una comunità che viene minacciata da tanti Davies, tanti “diversi”

Quel luogo è il nostro mondo ma anche la parte più intima di noi stessi: la nostra coscienza che istintivamente rifiuta una condivisione.

Per queste ragioni nella messinscena del testo, in quello spazio dovranno rispecchiarsi le nostre paure più nascoste.

La recitazione dovrà restituire l’abilità drammaturgica di Pinter nell’intrecciare

non solo condizioni e vite ma soprattutto lingue assolutamente diverse: l’acre rivalsa periferica di Davies, la profondità psichicamente succube di Aston e la farneticante aggressività progettuale di Mick.

Oggi Il guardiano è divenuto un archetipo cristallino di conflittualità pinteriana, delimitata in un ring ma resa folle perché non è possibile rintracciare neanche l'oggetto della contesa. I tre personaggi sono tutti egualmente chiusi e determinati, e

tutti illusi di comunicare e affermarsi sugli altri. In un vorticoso brivido che sembra esplicare e suggerire l'infinita gamma di possibilità di questa commedia come un luogo di esercizio di un «teatro etologico», una sorta di messa in scena delle numerose possibili varianti sull'aggressività e sui comportamenti reciproci: quasi un catalogo teatrale di gesti e comportamenti delle teorie elaborate e divulgate in quegli stessi anni da Konrad Lorenz.

 

Pinter sosteneva che alcuni scrittori avessero avuto un  peso determinante sulla sua opera ma che più di tutti fosse stata la vita a farlo diventare quello che era.” Ero ragazzo durante la seconda guerra mondiale. Sento ancora nelle orecchie il rumore delle bombe e degli aerei. Ciò ha avuto una profonda influenza nella mia vita, Vivere a Londra sotto quelle bombe, apprendere dell’Olocausto subito dopo la guerra, hanno avuto un’influenza fortissima sulla mia intelligenza e sulla mia consapevolezza.”

Anche quando assomiglia a un rebus la sua scrittura non perde mai di vista la realtà e la politica. Le sue commedie, anche quelle più misteriose (e ai primi posti sta sicuramente Il guardiano), indagano il senso politico del quotidiano, la forza del linguaggio che il più delle volte è uno strumento di coercizione.

Pinter ci sprona a dare un calcio all’ignoranza ed evitare la paura, ci esorta a costruire dei punti di riferimento e a non  accettare che qualcuno dei nostri simili venga tagliato fuori e viva nel vuoto.

Uno dei problemi centrali del nostro tempo è trovare il senso di un’appartenenza.

Come è illuminante allora questa pièce nel restituirci la necessità di costruire nelle società del nostro tempo, un senso di comunità, di condivisione fra le persone in modo da favorire una sintesi viva di vita politica e vita privata dove la coscienza politica non è una cosa teorica o astratta ma diventa parte della vita, parte integrante del tessuto sociale.

 

Lorenzo Loris, regista storico della compagnia, dopo essersi diplomato alla “Scuola del Piccolo teatro” e aver frequentato un periodo di apprendistato con maestri quali Carlo CecchieLuca Ronconi, ha realizzato un originale percorso attraverso la drammaturgia contemporanea e del Novecento:: da Boris Vian a Tennessee Williams, a  Joe Orton  e  Lars Noren, da Thomas Bernhard a Bertolt Brecht per arrivare ai contemporanei,  tra i quali, Peter Asmussen, scrittore danese e sceneggiatore di Lars Von Trier,  Edward Bond (Premio Ubu 2005), Roberto Traverso(Premio Teatro di Roma - Per un nuovo Teatro italiano del 2000); Raffaello  Baldini, uno tra i massimi poeti italiani del ‘900,  Massimo Bavastro, autore, di Naufragi di Don Chisciotte, (Premio Nazionale della Critica 2002), Rodrigo Garcia, Jean-Luc Lagarce, l’autore contemporaneo più rappresentato in Francia; Sabina Negri, autrice di “Mia figlia vuole portare il velo”. Negli ultimi anni Lorenzo Loris ha sviluppato un confronto sempre più serrato con i massimi esponenti del ‘900 (Jean Genet, Samuel Beckett, Arthur Miller, Harold Pinter, Giovanni Testori). Questo confronto lo ha portato anche ad affrontare i grandi autori del passato (Maurice Maeterlinck, Marivaux,  Carlo Goldoni, Henrik Ibsen) avendo sempre come obiettivo quello di mettere in sintonia, le parole dell’autore con la nostra contemporaneità.

 

Gigio Albertifa parte del nucleo storico del giovane teatro milanese che, alla fine degli anni ’80, si fa conoscere con le commedie generazionali dirette da Gabriele  Salvatores (Comedians, Eldorado, CafèProcope). In seguito partecipa a diversi film dello stesso regista(Marrakesh Express, Mediterraneo, Sud, Quo vadis, baby?). Sempre nel cinema ha partecipato ai film: Ferie d’agosto(P. Virzì), Tutti gli uomini del deficiente  (Gialappa’s Band), L’ora di religione(M. Bellocchio), I promessi sposi(F. Archibugi). In teatro ha lavorato con Paolo Rossi (La commedia da due lire), con Edoardo Erba e Maria Amelia Monti e Giampiero Solari (Vizio di famigliae L’uomo della mia vita),Antonio Catania e Enzo Monteleone (Gli insospettabili), Michele Placido (Aria di famiglia).

Con Lorenzo Loris e l’Out Off ha una lunga collaborazione sfociata negli spettacoli:  Il ceffo sulle scale di Joe Orton (1994); Naufragi di Don Chisciotte diMassimo Bavastro (2002),Zitti tutti! di Raffaello Baldini (2002),  Note di Cucina diRodrigo Garcia (2003), Terra di nessuno di Harold Pinter (2007); Aspettando Godot di Samuel Beckett (2009); Ultimi rimorsi prima dell’oblio di Jean-Luc Lagarce (2009); Il guardiano di Harold Pinter (2010).

 

Mario SalaGallini, come attore in teatro ha lavorato con Carlo Cecchi (Nozze); Giampiero Solari (Le intellettuali, Saved, Alla Città di Roma, Bastardi, Vizio di famiglia); Dario D'Ambrosi (Nemico mio); Toni Bertorelli (Venditori, Il colonnello con le ali), interprete di numerosi testi di Edoardo Erba (La notte di Picasso, Curva cieca, Vizio di famiglia, L'uomo della mia vita, Venditori); con Andrè Ruth Shammah (La locandiera– 2003; Le cose sottili dell'aria di Massimo Sgorbani - 2008; Ondine di Jean Giraudoux - 2008). Dall'assidua collaborazione con Lorenzo Loris e l'Out Off sono nati gli spettacoli Tempo d'arrivo di Lorenzo Loris (1986), I costruttori d'imperi di Boris Vian (1992), Il ceffo sulle scale di Joe Orton (1994); La dolce ala della giovinezza di Tennessee Williams (1998), Naufragi di Don Chisciotte di Massimo Bavastro (2002), Note di cucina di Rodrigo Garcia (2003), Bingo di Edward Bond  (2004) (Premio UBU 2005 come migliore novità straniera).  Una specie di storia d'amore di Arthur Miller (2006); Terra di nessuno di Harold Pinter (2007); Spettri di HenriK Ibsen (2008); Aspettando Godot di Samuel Beckett (2009); Il Guardiano di Harold Pinter (2010); L’Adalgisa di Carlo Emilio Gadda (2011).  Nel cinema ha lavorato con Gianluca Fumagalli, L'ultima sigaretta - cortometraggio 2004; e La cura del Gorilla di Carlo A. Sigon con Claudio Bisio (2006). E’ autore di libri per l’infanzia per l’editore Mondadori.

 

Alessandro Tedeschi nasce a Genova nel 1980. Dopo una breve formazione al Centro Teatro Attivo di Milano, frequenta la Civica Accademia d'Arte Drammatica Nico Pepe di Udine diplomandosi nel 2006. Durante la sua formazione studia con Jurij Alschitz, Maurizio Schmidt, Arturo Cirillo, Marco Sgrosso, François Kahn, Pierre Byland, Renato Gatto, Claudio De Maglio, Roberto Canziani, Luca Zampar, Paola Bigatto.

Nel 2007 recita in “Medea” di C. Wolf diretto da Maurizio Schmidt. A partire dallo stesso anno lavora stabilmente con il regista Lorenzo Loris  del teatro Out Off di Milano con il quale recita testi di Marivaux, Goldoni, Pinter e Beckett. Dal 2008 collabora con la compagnia "Carrozzeria Orfeo" come attore e regista (Idoli, Sul confine, Robe dell’altro mondo). Nel 2009 vince il premio "Giovani realtà del teatro" con il progetto "Buk" tratto da "Panino al prosciutto" di Charles Bukowski. Premio Gino Cervi, Bologna 2011.

 

Teatro Out Off – Stabile di innovazione

L’Out Off,  fondato a Milano nel 1976 e ancora oggi diretto da Mino Bertoldo,  rappresenta  una realtà produttiva che si occupa di teatro contemporaneo in continua relazione con quanto avviene di nuovo sulle scene, nella drammaturgia, nella danza, nella musica, nelle arti visive.  E’ stato tra i primi luoghi in Italia a praticare il cross over tra le arti dando spazio ad artisti provenienti da altre espressioni artistiche senza mai perdere il riferimento al teatro di parola e  alla nuova drammaturgia italiana e straniera.   Per la sua attività trentennale nel teatro di ricerca nel 2007 l’Out Off  ha ricevuto dal Comune di Milano l’Attestato di Civica Benemerenza (Ambrogino). Il nuovo Out Off dal 2004 è in via Mac Mahon, una sala da 200 posti moderna e accogliente frutto non solo di una ricerca estetica e funzionale, ma anche in considerazione di una precisa concezione artistica dello spazio teatrale.Regista di riferimento dell’attività produttiva da 25 anni è Lorenzo Loris, uno tra i registi più apprezzati della sua generazione. 

 

Durata spettacolo 1h 45 minuti

 
Teatro Out Off
via Mac Mahon, 16 – Milano
sede legale: via Principe Eugenio, 22 – 20155 - Milano
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